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Tra scrittura, grandi classici e vita: intervista a Eleonora Sottili

Dall'autrice di “Come diventare Anna Karenina (senza finire sotto un treno)”, i dettagli del nuovo libro e una serie di preziosi consigli per chi scrive per piacere e per lavoro
intervista a Eleonora Sottili

Tra scrittura, grandi classici e vita: intervista a Eleonora Sottili

Oggi siamo molto (ma molto) felici di accogliere nel nostro blog una cara amica di Punto e virgola in libreria con un romanzo appena pubblicato da Einaudi: Come diventare Anna Karenina (senza finire sotto un treno). Stiamo parlando di Eleonora Sottili e di un’intervista da leggere per tutta una serie di motivi. Eccone alcuni.

Se sei in cerca di un libro da portare in vacanza, che sia col sottofondo delle onde o con quello dei campanacci delle mucche al pascolo, qui troverai i dettagli che potrebbero farti correre al negozio di libri più vicino. Non si tratta di spoiler, bensì di curiosità che stuzzicano la voglia di leggere e di arrivare fino all’ultima pagina. Specie se ami i romanzi di formazione coinvolgenti e capaci di unire leggerezza e ironia a una tipo di profondità tutta speciale, specchio dell’animo della sua autrice.

D’altro canto, se la scrittura fa parte della tua vita per passione o per lavoro, magari desideri trovare degli spunti che ti aiutino a raccontare la tua storia. Che si tratti di un un progetto narrativo in fase di elaborazione o del racconto legato alla tua attività. Insomma, bando alle ciance, come diciamo qui in Toscana: è il momento di scoprire le 10 domande che abbiamo rivolto a Eleonora Sottili. Buona lettura!

10 domande a Eleonora Sottili

1. Ciao Eleonora, per chi (stranamente) ancora non ti conosce, puoi dire brevemente chi sei e di cosa ti occupi?

Ops, già una domanda difficilissima. Per dire chi sono potrei partire così: mi piace fare il bagno al mare in tutte le stagioni, mangiare il cocomero freddo e mi piace l’odore del pitosforo quando fiorisce. Non mi piacciono gli ascensori, le gonne sotto il ginocchio e il rumore dei tergicristalli. Da un paio di anni vivo in un paesino medievale in mezzo ai boschi con il mio compagno e per lavoro mi occupo soprattutto di storie. Insegno alla Scuola Holden scrittura creativa e storytelling, collaboro come lettrice con la casa editrice Einaudi e scrivo.

2. Adesso che anche i nostri lettori e le nostre lettrici sanno tutto di te, iniziamo dal titolo spassosissimo del tuo nuovo romanzo: “Come diventare Anna Karenina (senza finire sotto un treno)”. Capiamo fin da qui che si tratta di una vicenda originale e divertente, eppure sotto sotto si nasconde una sorta di manuale di scrittura (e di vita). Puoi dirci qualcosa di più su questi due binari narrativi che fanno da struttura al tuo libro?

In questo romanzo ho provato a raccontare di tutte le mie passioni, la lettura prima di tutto, la scrittura, ma anche l’insegnamento. La storia prende le mosse dal momento in cui per la prima volta mi sono iscritta a un corso di scrittura creativa. Sognavo da sempre di riuscire a diventare una scrittrice, ma non avevo mai fatto fino ad allora niente di concreto per imparare davvero a costruire una storia, finché un giorno – avevo già trentadue anni – in un cinema di Viareggio ho trovato un volantino che pubblicizzava un corso di scrittura e mi sono iscritta.

Ecco, mi piaceva raccontare questo periodo, i miei compagni, le serate insieme, gli esercizi che facevamo e come la scrittura ci abbia aiutato a scoprire cosa desideravamo, cosa volevamo fare davvero nella vita, forse anche chi stavamo cercando di diventare. E lo abbiamo scoperto proprio attraverso i romanzi e la vita degli scrittori. E perciò alla fine il mio romanzo è insieme la storia di questo gruppetto di aspiranti scrittori, una raccolta di aneddoti sulla vita di autori come Balzac, Flaubert, Dumas, Mary Shelley, e nello stesso tempo un po’ anche un manuale di scrittura, anche perché in appendice ci sono “Gli esercizi di Enrico”, che era appunto il nostro insegnante ( e che in realtà sono anche un po’ gli esercizi che faccio fare io alla Scuola Holden).

3. Che ruolo hanno i grandi classici della letteratura in tutto questo e perché, nonostante l’età, restano ancora attuali?

I classici e i loro autori sono dei modelli a cui guardare, e non tanto per il loro indubbio valore letterario, ma per la disperata tensione alla vita che possiedono gli eroi ottocenteschi e per la loro incorreggibile tensione al desiderio, come direbbe Enrico. In Anna Karenina, in Madame Bovary, in Moby Dick possiamo vedere la grammatica dell’umano, capire che cosa ci muove e cosa ci commuove, Riusciamo a riconoscerci nella sete di vendetta di Dantès, nella passionalità di Anna Karenina, nell’infinito bisogno d’amore del mostro di Frankenstein. Questi libri ci parlano di chi siamo, ci parlano delle nostre sofferenze e dei nostri desideri.

4. E che ci dici invece del ruolo svolto dagli aneddoti di vita dei grandi romanzieri ottocenteschi: cosa ci dicono?

Mi è piaciuto moltissimo leggere la vita dei grandi romanzieri. In un certo senso assomigliano ai loro personaggi, perché in Balzac come in Dickens riconosciamo la stessa determinazione quasi folle dei loro eroi, la capacità di mettersi in gioco completamente per realizzare i propri sogni. E poi volevo raccontare la forza della loro immaginazione, come nel caso di Conan Doyle che sessantenne era ancora disposto a credere a fate e fantasmi. O ancora mi piaceva indagare il modo in cui la vita dei romanzieri ha dato forma alla vita dei loro personaggi. Ad esempio, è abbastanza sorprendente leggere la biografia di Mary Shelley e capire quanti elementi personali e intimi dell’autrice siano finiti nel Frankenstein.

5. La protagonista del libro si chiama Eleonora come te: quanto di te c’è in lei e di lei in te? E che effetto ti ha fatto questa operazione autobiografica?

In realtà per scrivere parto sempre da quello che mi accade. In questo romanzo la scelta di mettere il mio nome forse è dipesa dal fatto che parlavo davvero di tutte le mie passioni, la scrittura e la lettura, delle cose che più mi hanno salvato in certi momenti difficili e dei romanzi e delle storie e anche delle persone che hanno reso la mia vita speciale. C’è tantissimo di me in “Come diventare Anna Karenina” e perciò non avrebbe avuto senso dare un altro nome alla protagonista. I nomi dei miei compagni e del mio insegnante invece sono di fantasia, ma è stato comunque difficile e nello stesso tempo sorprendente e bellissimo raccontare di persone che frequento anche adesso, e in particolare delle mie migliori amiche, che nel romanzo si chiamano Margherita e Olivia. Ecco, quando si è trattato di dare a questi due personaggi un nome, le ho chiamate al telefono e ho chiesto loro di sceglierlo, e così è stato.

6. Intrecciando il tuo romanzo al nostro ruolo di copywriter, c’è un esercizio del libro che pensi possa servire anche a chi si occupa di scrittura e comunicazione sul web?

Credo tutti gli esercizi che allenano l’attenzione e la meraviglia. In realtà sono esercizi che a mio parere permettono di vivere in modo più creativo, di guardare quello che si ha intorno con uno sguardo sempre nuovo, di scartare dall’abitudine. Le passeggiate di Robert Louis Stevenson, gli allenamenti ginnici di Kafka, l’esercizio della corda rossa e il tuffo del Conte di Montecristo, sono tutti modi per allenare l’artista che ognuno ha dentro di sé.

7. I testi dei siti internet sono farciti di espressioni stereotipate tipo “leader di settore”, “azienda giovane e dinamica”, “servizio chiavi in mano”: che consiglio daresti per evitarle e ritrovare la vitalità e la concretezza nella scrittura?

Di ritrovare il contatto con il proprio corpo. Quando si scrive bisogna togliere di mezzo la tendenza a essere astratti, bisogna pensare che i nostri lettori entrano nelle nostre storie o nelle esperienze che raccontiamo loro con i sensi, devono poter vedere, annusare, sentire il mondo in cui stiamo cercando di coinvolgerli. Se voglio che il mio cliente capisca la differenza che c’è tra la mia azienda e le altre, che comprenda qual è l’aspetto specifico della mia offerta, io devo prima di tutto essere capace di raccontare davvero quello che faccio in modo personale e tangibile.

8. Scrittura e esercizio fisico non sono due mondi a parte. Lo testimonia Murakami con la corsa ma, molto prima di lui, Kafka: puoi dirci qualcosa di più e se tutto questo vale anche per chi non scrive romanzi, ma passa ore a ticchettare sulla tastiera del pc per raccontare online la propria attività o quella di altri?

L’attività fisica mette in moto la nostra energia e soprattutto, tornando a quello che dicevo poco fa, ci riconnette con il nostro corpo, con le nostre sensazioni. Quando non ci viene un’idea o una frase o non riusciamo a capire come andare avanti in una storia, possiamo restare davanti al pc anche tutto il giorno senza concludere niente. E invece succede che se ci alziamo dalla scrivania e andiamo a fare una passeggiata, ecco che quell’idea ci arriva subito. Mente e corpo sono legati e lo sapevano benissimo già gli antichi greci che studiavano, scrivevano, filosofeggiavano, ma non dimenticavano mai di fare anche esercizio fisico. E lo sapevano anche gli scrittori dell’Ottocento. C’era chi tirava di scherma, chi faceva boxe, Tolstoj andava in bicicletta e giocava a tennis, Byron nuotava. Insomma nessuno poltriva, altrimenti alla fine poltrisce anche la nostra mente. 

9. Secondo te, quali sono gli elementi chiave per passare da un testo noioso e piatto a un testo guizzante e interessante?

Gli elementi sono tanti ed è difficile rispondere con una frase. Credo però che un buon segnale sia il piacere che proviamo mentre scriviamo. Quando ci divertiamo a scrivere, allora significa che si divertirà anche il nostro lettore, significa che siamo in contatto con quello che ci appassiona, che ci sorprende e ci incuriosisce. Il nostro testo sarà interessante quando quello che scriviamo ci interessa davvero.

10. Dulcis in fundo, che c’azzeccano in tutto questo le pecore?

Il primissimo romanzo che ho scritto da bambina – avevo tipo sette o otto anni -, parlava di pecore, pecore inseguite dai lupi che poi se la cavavano alla meraviglia. Il bello era che se la cavavano anche i lupi. Se non ricordo male alla fine facevano amicizia e vivevano tutti felici e contenti. Ecco, è questo che soprattutto c’entra: riuscire a vivere tutti felici e contenti!

 

E con questo happy end, ringraziamo Eleonora Sottili per averci concesso le sue parole e i suoi consigli: tutti preziosi ma, per quanto ci riguarda, quello contenuto nella risposta alla domanda n° 7 diventerà uno dei nostri mantra. Quasi quasi lo stampiamo in un formato bello grande e ce lo appendiamo davanti alle nostre scrivanie… Anzi, senza il quasi quasi: corriamo a farlo subito! Nel frattempo se ti va di capire come la nostra ospite di oggi abbia smantellato le false credenze che circolano intorno alla scrittura e al mestiere di scrivere, ti rimandiamo all’articolo “Senti che falso mito: a tu per tu con Eleonora Sottili“. Grazie per aver letto fin qui e alla prossima,

Martha e Paola